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Descrizione
Per arginare quel movimento di popolo che fuggiva dalle sue terre, Bonifacio vescovo di Asti, strinse alleanza con Guglielmo, marchese di Ceva. Con i trattati di amicizia e di alleanza che ne derivarono il Vescovo donò al marchese quanto possedeva nel territorio di San Michele. Da parte sua Guglielmo promise fedeltà al vescovo e alla chiesa d’ Asti.
Con questi trattati il marchese di Ceva estendeva sempre di più la sua autorità sulla riva sinistra del Tanaro mentre il villaggio di San Michele, per indole sua e per determinati vantaggi, si avvicinava più al marchesato di Ceva che al nuovo comune di Mondovì.
L’esempio del Vescovo Bonifacio venne seguito da alcuni dei piccoli signori della zona e la “villa” di San Michele fu ceduta nuovamente al Vescovo di Asti per essere poi riconsegnata come feudo ancora ai marchesi di Ceva.
Il potere civile dei vescovi diminuiva mentre si accresceva quello dei comuni, quello di Asti e vicino a noi, quello di Mondovì.
Il marchesato di Ceva (era Signore a quei tempi il marchese Giorgio “il Nano”, per la sua bassa statura) si andava nel frattempo indebolendo per le molte signorie nelle quali veniva progressivamente suddiviso.
Il marchese Giorgio il Nano era un uomo abilissimo sia nelle trattative che in guerra e, rendendosi conto di questo pericolo, tentò di concentrare su di se l’autorità di tutto il marchesato.
Il cugino Guglielmo si oppose a Giorgio e spinse a contrastarlo anche molti altri signori del marchesato che si allearono con il comune di Mondovì e gli mossero guerra nel 1293.
Gli aggressori respinsero a tutta prima gli avversari e arrivarono saccheggiando fin sotto le mura di Ceva. La loro foga fu respinta sia dalla strategia e dal valore di Giorgio il Nano sia dalla fedeltà dei suoi sudditi, in special modo quelli di Garessio e di San Michele, meno numerosi ma più agguerriti.
Con tutta probabilità fu il paese di San Michele a subire i danni maggiori trovandosi sulla via principale tra i due nemici.
Si arrivò ad una tregua durante la quale il Marchese Giorgio cercò di riorganizzarsi e strinse alleanza con il comune di Asti.
In cambio del suo appoggio vendette a questo comune quasi tutti i suoi possedimenti per centomila lire astesi di oro e li riebbe poi sotto forma di feudo.
Tra le monete che circolavano a quei tempi si ricordano: la lira astese, il soldo, il grosso, il denaro e l’obolo. Questi nomi e divisioni si usarono nei nostri documenti fino al 1400.
Con l’aiuto di Asti ebbe ragione dei suoi nemici e si arrivò alla pace del 1297.
La comunità di San Michele e quella di Garessio e dell’ Alto Tanaro furono premiati per la loro fedeltà con un risarcimento per i danni di guerra e una notevole riduzione delle decime.
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